La regione che darà inizio a questo viaggio alla scoperta delle usanze del matrimonio nei diversi territori italiani, sarà ovviamente l’Emilia-Romagna, essendo la mia regione natìa 🙂 .
Personalmente penso che sia un’area davvero ricca, versatile e con grande potenziale, purtroppo ancora sottovalutata per quanto riguarda i matrimoni, ma uno dei miei intenti principali è sicuramente quello di valorizzarla, insieme ai suoi magnifici paesaggi, alle sue storiche tradizioni, e alla caratteristica ed unica ospitalità che la contraddistingue.
A Bologna e sull’Appennino emiliano, tempo fa, i dolcetti tipici da regalare agli ospiti durante il matrimonio erano gli zuccherini montanari: biscottini a forma di anello, che ricordano le fedi nuziali, tipicamente bianchi, in quanto cotti rigorosamente nel forno a legna proprio per mantenere il loro colorito, ricoperti di zucchero a velo, o di glassa di zucchero.
Ricordo sin dall’infanzia gli zuccherini a casa dei miei nonni, che abitano in un piccolissimo paesino sulle colline emiliane, sempre presenti nella credenza e sempre squisiti!
Questi dolcetti venivano preparati dalle donne più vicine agli sposi, cogliendo l’occasione per chiacchierare e aggiornarsi sugli ultimi pettegolezzi, ma la sposa era assolutamente esclusa, poiché si pensava fosse di malaugurio prepararli per le sue stesse nozze.
Per chi volesse mantenere viva la tradizione, e regalare gli zuccherini per il proprio matrimonio, si possono affiancare ai confetti, o al tavolo dei dolci, o ancora utilizzarli come segnaposto.
Vediamo allora la ricetta!
Ingredienti:
250 gr di farina
100 gr di burro morbido
100 gr di zucchero
1 uovo
5 gr di lievito per dolci.
Per la glassa (se non si usa lo zucchero a velo):
1 cucchiaio di liquore all’anice
2 cucchiai di acqua
100 g zucchero
2 cucchiaini di farina.
Preparazione:
In una ciotola o sulla spianatoia mettere farina, zucchero, lievito e mescolare bene gli ingredienti magari setacciandoli insieme.
Fare una fontana e aggiungere l’uovo e il burro morbido ed iniziare ad impastare fino ad avere un panetto che lascerete al fresco a riposare per circa 1 ora.
Accendete il forno a 160°/170°C e mettete la carta forno sopra alla teglia rettangolare.
Trascorso il tempo, prendere un poco di pasta fare un budellino lungo circa 8 cm e largo circa 1 cm e chiuderlo a ciambellina, ad anello.
Continuare fino a completare la teglia ed infornarla per circa 12/15 minuti: non devono dorarsi troppo, altrimenti saranno tendenti al giallo più che al bianco!
Mentre cuociono preparate la glassa in una casseruola piuttosto larga, incorporando lo zucchero, il liquore e la farina e portando il tutto ad ebollizione, fino alla formazione di un composto bianco e denso.
Una volta pronta sia la glassa che i biscotti, spegnete il fuoco e tuffate gli zuccherini nella casseruola permettendo alla glassa di ricoprirli per bene.
Procedete fino ad esaurimento della pasta e lasciate raffreddare completamente questo dolci anelli nuziali!
Nella civiltà contadina modenese il matrimonio era uno degli eventi più importanti.
La tradizione voleva che la cerimonia venisse celebrata nella chiesa della sposa, ma in seguito la coppia si sarebbe trasferita a casa della famiglia dello sposo, poiché non esisteva una vita coniugale privata.
Inoltre, all’epoca esisteva la dote, ovvero oggetti e utensili che la famiglia della sposa doveva donare alla coppia, tra cui: un nuovo materasso riempito con penne di pollo, coperte e trapunte, 6 federe, 2 lenzuola, 2 coperte, 6 asciugamani, e spesso anche un quadro della Madonna, o un crocefisso posto sempre sopra il letto nuziale.
Anche la cerimonia cambiava molto perché, dopo la messa, il pranzo si consumava a casa, e le famiglie di entrambi gli sposi si occupavano di cucinare e preparare le pietanze.
Nel modenese vi era addirittura una “battaglia” a suon di sapori in cui ogni famiglia cercava di primeggiare sull’altra!
Dopo il pranzo si era soliti ballare, per poi lasciare gli sposi in intimità.
A gramadora
Bëla burdëla fresca campagnöla
Da i cavell e da j’ òcc coma e’ carbon.
Da la bocca piò rossa d’ na zarsola,
Te t’ si la mi passion!
Batibat e strecca un òcc,
Strecca un òcc e batibat,
A’ I fasegna ste’ barat?
T’a m’ de un s-ciaf ch’a t’ dagh un bes.
Grama, grama muretta un pô sgarbêda
Ch’ l’ è bèl a fê l’amor in aligrì,
Sora al manê dla canva spintacêda
Me a t’ stagh sempar da drì.
Batibat e strecca un òcc
strecca un òcc… ecc..
Lìgul file int la ròcca dla nunéna,
Gavétul d’azza bianchi int e’ bulì
E linzul fresch ad tela casalena,
Muretta, a ch’ bèl durmì!
Batibat e strecca un òcc
strecca un òcc… ecc.
Traduzione
La gramolatrice
Bella ragazza fresca e campagnola
dai capelli e dagli occhi come il carbone
dalla bocca più rossa di una cerisuola (bacca del biancospino)
tu sei la mia passione.
Batti batti e strizza un occhio
strizza un occhio e batti batti
lo facciamo sto baratto?
Mi dai uno schiaffo che ti dò un bacio.
Gramòla gramòla moretta un po’ sgarbata
ch’è bello fare l’amore in allegria
sopra i mannelli della canapa scapigliata
io ti sto sempre accanto.
Batti batti e strizza un occhio
strizza un occhio e batti batti
lo facciamo sto baratto?
Mi dai uno schiaffo che ti dò un bacio.
Lucignoli (pennacchi) filati nella rocca della nonnina
matasse d’accia (canapa filata) bianche nel bollire
e lenzuola fresche di tela casalinga
moretta che bel dormire!
Batti batti e strizza un occhio
strizza un occhio e batti batti
lo facciamo sto baratto?
Mi dai uno schiaffo che ti dò un bacio.
Adoro queste tradizioni!
Le storie raccontate dai nonni sulla loro giovinezza sembrano così distanti da noi e dalla nostra quotidianità.
Sono racconti di fatica, sacrifici, e spesso di povertà ma, quando li guardiamo negli occhi mentre ricordano, vediamo tanta nostalgia per la semplicità e genuinità di un tempo, quando si strizzava l’occhio alle ragazze con ingenuità mentre si lavorava sodo.
Ebbene, tramandiamo queste tradizioni! Ricordiamole!
Perché raccontano la nostra storia e le nostre origini, richiamando tempi antichi e ricchi di usanze purtroppo perse nel tempo, che possono e devono essere conosciute per meglio conoscere noi stessi.