Qualche anno fa, da buona amante della storia e delle tradizioni norrene, mi sono chiesta come i vichinghi e i popoli nordici celebrassero il matrimonio.Ho iniziato quindi a cercare fonti e documenti, e devo dire che non è stato facile trovare qualcosa di storicamente attendibile, tratto da fonti credibili, e figuriamoci in italiano!
Tanto più che quando si parla di matrimonio vichingo si parla principalmente di ciò che ci è stato tramandato per iscritto da testimoni diretti o indiretti (tendenzialmente religiosi, e qualche volta mercanti) del mondo della cristianità, quindi filtrati da un certo specifico punto di vista. E ovviamente anche dalle testimonianze relative agli scavi archeologici in area, perché i vichinghi non tramandavano le loro conoscenze attraverso la parola scritta, e quindi la ricostruzione delle usanze e stili di vita non è assolutamente facile, ma proviamoci.
Troverai qui di seguito quindi la traduzione del materiale che ho trovato, e un po’ di spiegazioni su come funzionava il matrimonio vichingo.
Quella che leggerai è la traduzione vera e propria delle fonti, quindi potrebbe risultare un po’ “impersonale” e fredda, ma non preoccuparti perché ti parlerò ancora di questo rito, che oggi definiremmo simbolico (ti parlo della cerimonia simbolica in questo articolo) e che personalmente trovo davvero affascinante!
Spero di poter organizzare presto un Unusual Wedding ispirato a questa tradizione, magari rielaborata per renderla sostenibile ai nostri occhi “moderni” ?
[Aggiornamento: qualche anno dopo aver scritto questo articolo,
ho organizzato uno shooting con questo rito.
In fondo trovi tutte le indicazioni a riguardo!]
I secoli che dobbiamo considerare sono quelli tra l’800 e il 900 d.C., quindi nel pieno del cosiddetto Alto Medioevo e i suoi “secoli bui”, che poi vengono considerati “bui” soltanto perché se ne sa poco, ma questa è un’altra faccenda.
Come per praticamente ogni altro matrimonio antecedente al XIX secolo, anche il matrimonio vichingo consisteva principalmente in un contratto tra due famiglie, che decidevano di unirsi legalmente per motivi economici e di alleanze (non molto diverso dal matrimonio romano di cui ti ho raccontato qui).
La differenza, però, consisteva nel fatto che i due sposi, e sì anche la ragazza, venivano interpellati e veniva chiesto loro il consenso a stipulare quel matrimonio.
Questo perché, per quanto quell’unione fosse utile, doveva incontrare anche l’avallo degli sposi, in una società in cui il divorzio era legale e consentito ad entrambe le parti (e anche variamente utilizzato e socialmente accettato).
Il divorzio era fondamentale nelle dinamiche matrimoniali vichinghe: entrambe le parti potevano richiederlo, considerando che il richiedente, a meno di una giustissima causa, veniva sempre penalizzato nella spartizione dei beni.
Le giuste cause potevano essere le più diverse: certo non la mancanza d’amore, ma violenze fisiche in pubblico e in privato sì, motivazioni economiche o l’eventuale gravidanza fuori dal matrimonio di lei.
In caso di divorzio non si definiva necessariamente con chi dovevano o non dovevano stare i figli: si trattava di una sorta di affidamento congiunto, che implicava comunque il dovere materno di occuparsi dei figli fino al passaggio allo stato adulto, ed è forse anche per questo che dal punto di vista economico la donna manteneva la sua dote, il suo dono del mattino e l’eventuale “indennizzo” nel caso fosse stato l’uomo a chiedere il divorzio.
Dopo il divorzio nessuno poteva più ordinare ai due chi sposarsi e perché: sia l’uomo che la donna a questo punto erano liberi di innamorarsi e sposarsi per amore, o per proprio tornaconto personale (non dimentichiamoci che parliamo di vichinghi!).
Non esisteva un vero e proprio periodo di corteggiamento, anzi: meno lo sposo vedeva la sposa più era sicuro di arrivare vivo e vegeto al matrimonio senza rischiare di destare sospetti sul suo rapporto con la sposa, che ovviamente doveva arrivare casta e pura al giorno delle nozze.
Su quest’ultimo punto in realtà esistono una serie di sfumature: la castità così come la fedeltà non erano requisiti fondamentali nella vita dei vichinghi, uomini o donne che fossero. Le conseguenze legali di un tradimento sorgevano quasi sempre solo se la donna restava incinta. In ogni altro caso esisteva una certa flessibilità di giudizio, cosa che differenziava notevolmente la società vichinga da quella cristiana (erede dell’estremo patriarcalismo romano).
La fanciulla, infatti, nel momento in cui andava in sposa, veniva tutelata non solo nel fatto che doveva dare il proprio consenso alla nozze, ma anche portandosi dietro una dote (una sorta di buona uscita dalla famiglia paterna) che le apparteneva completamente. Il marito poteva usufruirne per il benessere della famiglia, ma nel caso in cui si fosse ricorsi al divorzio, la donna vedeva restituito l’intero ammontare della sua dote iniziale, oltre a un’altra serie di benefit che le avrebbero assicurato il sostentamento per sé e per i propri figli.
Tra questi benefit previsti dal matrimonio vichingo, c’era il dono del mattino.
Il dono del mattino consisteva in un vero e proprio dono che il marito faceva alla moglie il mattino dopo la prima notte di nozze, come ringraziamento per essersi concessa a lui. Questo doveva ammontare ad almeno un terzo della dote, fino a molto molto di più. Nelle storie norrene si narra infatti di un re che donò alla propria moglie un intero regno.
Il giorno tradizionale per sposarsi era il venerdì (Friday, Friggas-day), sacro alla dea Frigg, signora degli dèi, dea del matrimonio e della fertilità.
La celebrazione durava una settimana, perciò il cibo doveva essere disponibile in quantità, imponendo come momento migliore una data vicino al raccolto, di solito tra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno.
Gli sposi bevevano insieme la birra nuziale (bridal-ale), solitamente idromele, il ché significava che il miele doveva essere disponibile
per preparare la bevanda, ed in quantità sufficiente perché gli sposi potessero condividere l’idromele insieme dal ricevimento nuziale, fino a tutto il mese successivo il matrimonio (la luna di miele).
Questo perché si riteneva che l’idromele, bevanda sacra agli dei di tutte le culture antiche, assicurasse alla coppia fertilità e figli maschi.
Infine, il termine ultimo delle prime settimane di inverno era di ordine molto pratico: l’inverno limitava gli spostamenti oltre che le scorte, e quindi impediva i grandi festeggiamenti che un matrimonio vichingo richiedeva.
Il matrimonio era una cerimonia sacra di passaggio, e quindi ne derivavano tutta una serie di riti preparatori.
Preparazione per la cerimonia nuziale
La sposa
La sposa si ritira prima del matrimonio con altre damigelle, la madre,
e altre donne sposate che la aiutano nella preparazione.
Per dimostrare il cambiamento da fanciulla a sposa e futura madre,
la neosposa sarà spogliata dei suoi vecchi abiti e di tutti i simboli
relativi al suo precedente stato di ragazza non sposata,
come del kransen, una fascia/cerchietto dorato su fronte e capelli che indicava verginità.
Il kransen era solennemente rimosso dalle damigelle e messo da parte
per la nascita della figlia della sposa.
Successivamente la sposa visitava l’equivalente scandinavo della sauna finlandese, con tubi d’acqua fatti in legno, saponi, e una camera del vapore.
Il simbolismo del bagno col vapore consiste sia nel “lavare via” lo status di fanciulla, sia nella purificazione per prepararsi per il rituale che seguirà il giorno successivo.
Durante il bagno, le damigelle istruivano la neosposa sui doveri delle mogli, condividendo saggezze su come appoggiare e guidare il marito,
come vivere con un uomo, e così via.
La parte finale di questa pulizia consisteva in un tuffo nell’acqua fredda
per rinfrescarsi e chiudere i pori.
Seguiva poi il risciacquo con acqua a cui si aggiungevano erbe, fiori o olii, non solo per profumare ma anche per trasmettere i loro benefìci al rito purificante, tramite i poteri afrodisiaci e di fertilità associati ad essi.
La parte finale della preparazione della sposa consisteva nella vestizione per la cerimonia.
L’abito indossato non era speciale ma piuttosto semplice;
i capelli erano lasciati sciolti, e il matrimonio e la festa erano le ultime occasioni in cui la sposa poteva portarli slegati e scoperti.
Al posto del kransen, la sposa indossava la corona nuziale,
un cimelio custodito dalla sua famiglia e indossato solo durante il matrimonio.
Un racconto moderno di finzione descrive una corona nuziale fatta d’argento, con punte che terminano alternativamente con croci e foglie di trifoglio, incastonate con cristalli di roccia e inghirlandate con cordoni di seta rossa e verde. Alcune corone da sposa usate fino ad oggi erano elaborate con intrecci di paglia e grano,
poi inghirlandate di fiori.
Sebbene nessuna delle fonti consultate abbia confermato l’uso della corona nuziale nel periodo vichingo pagano, fu indossata nel Medioevo in Scandinavia, ed è ulteriormente attestato nella tradizione germanica continentale della Festa di Santa Lucia, dove una fanciulla designata come “la sposa di Lucia” è vestita con una corona ornata di candele accese.
Lo sposo
Come la sposa, anche lo sposo affrontava il rito di passaggio,
inclusa la separazione e rimozione della vecchia identità.
I testimoni dello sposo erano il padre, i fratelli sposati, altri uomini sposati,
e probabilmente il testimone d’onore.
Dal momento che l’uomo non indossava nessun oggetto visibile
a dimostrazione del suo stato di celibe, la tradizione per lo sposo è molto diversa.
Si tramandava infatti, una spada appartenuta ad un antenato da usare nella cerimonia,
e da tramandare ai figli maschi.
Era sicuramente un rituale significativo di separazione e distruzione dell’identità di celibe dello sposo,
e consisteva nella discesa nella tomba del parente per recuperare la spada,
come simbolica morte e rinascita dello sposo.
Se non era presente un tumulo disponibile per il rituale,
la spada ancestrale poteva essere disposta dai parenti dello sposo in una tomba finta.
In più poteva essere previsto un finto fantasma del suo antenato nella tomba
che doveva ricordare allo sposo la storia del suo lignaggio e della sua famiglia,
l’importanza delle tradizioni, e la necessità di proseguire la linea di sangue ancestrale.
Oppure la spada poteva semplicemente essere regalata allo sposo da un parente in vita,
che leggeva la storia della loro famiglia.
Dopo avere ottenuto la spada, anche lo sposo faceva visita alla sauna.
E anche per lui era disposto un bagno purificatore del suo stato di celibe,
mentre i suoi testimoni e amici sposati lo redarguiscono su come fare felice una donna
e conquistare il suo amore, come convivere serenamente con lei,
sui suoi doveri di marito e padre e così via.
Dopo il bagno, lo sposo potrà essere vestito per il matrimonio.
Anche per lui non è previsto un vestito speciale, ma brandirà la sua spada durante la cerimonia,
e potrà portare con sé un martello o un’ascia come segno di Thor,
a simboleggiare la sua padronanza nell’unione e a garantire un matrimonio fruttuoso.
La cerimonia nuziale
Una volta completati tutti i preparativi,
tutto era pronto per il matrimonio nel giorno di Frigga, o venerdì.
Per prima cosa vi era lo scambio della dote e il dono di nozze dalla famiglia dello sposo.
Sebbene sembra esistessero piccoli templi di famiglia,
probabilmente la cerimonia si svolgeva all’aperto,
come in un boschetto o un luogo considerato sacro,
più appropriato per un rito che invocava le divinità della fertilità e del matrimonio.
[Gli invitati erano scelti dalla sposa,
16 (uno per ogni runa) o comunque un numero adeguato a rappresentare
ogni aspetto dell’esistente.]
La sposa era scortata nel luogo prescelto,
preceduta da un giovane parente con una spada che sarà il suo regalo di nozze per il marito.
[Il matrimonio era celebrato da una persona (un goði) molto vicina alla coppia,
che arricchiva e rendeva personale la cerimonia.
Secondo l’etica norrena per completezza ed equilibrio,
nelle invocazioni doveva essere invitato anche il lato oscuro,
che presenziava ma senza partecipare.]
La prima parte del rituale religioso
doveva catturare la benevolenza degli dèi tramite invocazione e presumibilmente un sacrificio.
Se si faceva un sacrificio, prevedeva un animale caro alle divinità della fertilità,
come una capra per Thor, una scrofa per Freya, un cinghiale o un cavallo per Freyr.
Probabilmente invece che sacrificare l’animale,
si teneva in vita e veniva in seguito considerato sacro.
Altrimenti i testimoni d’onore degli sposi tagliavano la gola dell’animale
e il sangue veniva raccolto in una ciotola consacrata.
Un’altra opzione moderna è quella di usare idromele al posto di un sacrificio vivente.
In ogni caso, la carne dell’animale consacrato agli dèi
veniva poi preparata per il banchetto di nozze.
La ciotola veniva poi disposta su un altare di pietre,
un ramo di abete veniva inzuppato nel sangue,
e questo veniva usato per spruzzare la coppia e gli invitati
con un movimento che ricalcava il segno del martello di Thor,
per donare loro la benedizione degli dèi.
Successivamente, lo sposo si presenta alla sua sposa con la spada degli antenati.
La sposa dovrà custodire la spada per suo figlio, che poi tramanderà ai suoi figli.
Lei poi donerà al suo sposo la spada nuova.
Questo scambio di doni rappresenta per gli sposi il più sacro vincolo di unione,
santificato da riti mistici sotto il favore delle divinità del matrimonio.
La spada ancestrale indicava le tradizioni della famiglia
e la continuazione della linea di sangue,
mentre la spada donata allo sposo dalla sposa simboleggiava il trasferimento del potere di tutela
del padre e la protezione della sposa al suo nuovo marito.
Dopo lo scambio delle spade, gli sposi si scambiavano gli anelli.
Questi probabilmente ricordavano gli anelli da braccio sacri (arm-ring)
e potevano anche essere ulteriormente consacrati ai voti nuziali ponendoli sull’altare di pietre,
all’interno del sacro anello da braccio dello sposo, per rafforzare il legame
tra il concetto del cerchio ininterrotto dell’anello e la natura infrangibile del voto.
L’anello della sposa le era offerto sull’elsa della nuova spada dello sposo,
e quello dello sposo su quella ancestrale:
questa giustapposizione di spada e anelli enfatizzava la sacralità del patto tra uomo e moglie,
e la natura vincolante del giuramento che prendono insieme,
in modo che la spada non sia una minaccia solo per la donna ma per entrambi,
dovesse altrimenti essere rotto il giuramento.
Con gli anelli indossati e le mani giunte sull’elsa della spada, la coppia pronuncia i loro voti.
Il ricevimento
Dopo la conclusione della cerimonia nuziale vi era “la corsa della sposa“,
o anche “la corsa degli sposi”.
Nel periodo cristiano, questa consisteva in processioni separate e dignitose delle parti della sposa
e dello sposo nella sala per il banchetto nuziale;
tuttavia il termine “corsa della sposa” può indicare che nei tempi pagani questa processione
consisteva in una vera corsa come avviene oggi in alcune parti della Scandinavia rurale.
Qualunque gruppo arrivato per ultimo nella sala doveva servire la birra per tutta la notte ai membri dell’altra parte.
Quando la sposa arrivava alla porta della sala, era accolta dallo sposo,
che le bloccava l’entrata con la spada spianata stesa lungo la via d’ingresso.
Così lo sposo poteva condurre la sua nuova sposa nella sala,
assicurandosi che non sarebbe inciampata oltre la soglia.
Le case medievali, a differenza di quelle dei giorni nostri,
spesso avevano un battiscopa sporgente per bloccare le fredde correnti d’aria,
e doveva essere calpestato per passare.
La superstizione riguardante il passaggio della sposa oltre la porta di casa era diffusa in tutto il mondo pagano, poiché una porta era un portale tra mondi.
Superare la soglia rappresentava per la sposa
il passaggio dalla sua vita di fanciulla a quella di moglie.
Si pensava che gli spiriti si radunassero attorno a una porta,
e ci sono tracce di una tradizione nella Scandinavia pagana per cui la soglia della casa
fosse la vera tomba del fondatore della fattoria, che proteggeva la porta dalle influenze maligne.
Era quindi di grande importanza che la sposa non cadesse mentre passava davanti alla porta,
perché sarebbe un presagio di estrema disavventura.
Una volta all’interno della sala, lo sposo conficcava la sua spada
in una colonna portante della casa,
per testare la fortuna del matrimonio dalla profondità della cicatrice che aveva fatto.
Questa tradizione era collegata al concetto del barnstokkr o dell’albero ancestrale della famiglia,
l’ “albero del bambino” che era afferrato dalle donne della famiglia al momento del parto.
Quindi questa usanza rifletteva la dimostrazione della virilità dello sposo.
A questo punto la festa poteva cominciare.
La parte più importante della festa era la bevuta cerimoniale della birra nuziale,
un altro dei requisiti legali perché il matrimonio fosse considerato valido.
La nuova moglie assumeva ora per la prima volta il più importante dei suoi doveri ufficiali
come casalinga, ovvero il servizio cerimoniale della bevanda.
Poteva presentare l’idromele a suo marito in un utensile come la kåsa svedese, a forma di scodella dotata di maniglie su entrambi i lati
sotto forma di teste di animali o teste e code di uccelli:
una variante del kåsa è ancora usata oggi per trofei e noto come “coppa dell’amore”.
Presentando la coppa di idromele al marito,
la sposa poteva recitare alcuni versi per conferire salute e forza al bevitore, come ad esempio questi versi di Sigrdrífumál:
Porgo questa birra a te, quercia di battaglia,
con forza e cangiante onore mescolati;
combinata con magia e canzoni potenti,
con incantesimi favorevoli, rune che accelerano i desideri.
(Ale I bring thee, thou oak-of-battle,
With strength blended and brightest honor;
‘Tis mized with magic and mighty songs,
With goodly spells, wish-speeding runes.)
(Hollander, Poetic Edda, pag 109)
Quando ha ricevuto la coppa, lo sposo può consacrare la bevanda a Thor, facendo il segno del martello su di essa, brindando poi a Odino,
e una volta dato il primo sorso passava la coppa alla sua nuova moglie,
che faceva un brindisi a Freya.
Bevendo insieme, gli sposi diventano Uno agli occhi della legge e degli dei, affermando simbolicamente la loro nuova parentela.
Una goccia o due del sangue del sacrificio del mattino poteva essere mescolata nell’idromele, rafforzando ulteriormente l’idea che la coppia fosse ora consacrata.
La coppia continuava a bere l’idromele insieme per ben quattro settimane, perché il miele nella bevanda e le api che producevano il miele erano entrambi associati
alla fertilità e alla guarigione nella Scandinavia pagana.
Una volta che la coppia era seduta insieme,
la fertilità della stessa era assicurata dalla santificazione della sposa con il martello di Thor.
Questo rito poteva essere eseguito dal marito o da un testimone,
ma in ogni caso la procedura era quella di posare il martello in grembo della sposa, benedicendo i suoi organi riproduttivi, e Frigga, la dea della procreazione, era invocata come nel rituale promulgato da Þrymskviða:
Porta il martello a benedire la sposa:
sul grembo della ragazza giace Mjolnir;
Nel nome di Vor [Frigga] allora il nostro matrimonio è santificato!
(Hollander, Poetic Edda, pag 109).
Dopo questa cerimonia, inizieranno le feste che dureranno per tutto il resto della settimana.
Danze, lotte e gare di insulti in versi poetici erano l’intrattenimento per gli ospiti,
mentre alcuni dei partecipanti presentavano il lygisogur,
le cosiddette “storie bugiarde” che avevano composto per l’occasione,
con storie di personaggi famosi, selezioni di versi, romanze sul soprannaturale,
che ruotavano spesso attorno al tema del matrimonio.
La prima notte di nozze
Il successivo requisito legale del matrimonio era che lo sposo fosse messo a letto con sua moglie,
dopo essere stato condotto dai testimoni “con la luce”.
A questo punto, la legge non è chiara: non è certo che il fatto debba aver luogo alla luce del giorno,
o se lo sposo è condotto al letto di sua moglie alla luce delle fiaccole.
Lo scopo della legge era quello di garantire che i sei testimoni legali
potessero identificare gli sposi,
quindi, se chiamati successivamente a testimoniare la validità del matrimonio,
non avrebbero avuto dubbi.
Probabilmente comunque, è indicata la luce delle torce:
sembra logico presumere che questa parte del matrimonio
sarebbe avvenuta dopo una lunga giornata trascorsa con cerimonie e banchetti.
Prima dell’arrivo dello sposo, la sposa è stata messa a letto dalle sue ancelle.
Il legno d’oro, piccole placche d’oro raffiguranti piccole figure che si abbracciano
(forse l’unione del dio Freyr con la gigantessa Gerd)
potrebbe essere stato usato per decorare il letto o l’abbigliamento da notte della sposa,
ancora come segno di fertilità.
La sposa indossava nuovamente la corona nuziale,
poi rimossa dal marito davanti ai testimoni riuniti come simbolo dell’unione sessuale.
Questa deflorazione rituale era testimoniata dalle assistenti maschili e femminili.
Dopo che i testimoni se ne erano andati, il matrimonio era consumato.
Il sogno della sposa quella notte era molto importante,
poiché era ritenuto profetico del numero di figli che avrebbe partorito,
della fortuna del suo matrimonio e del destino dei suoi discendenti.
Il dono del mattino
La mattina dopo, il nuovo marito e la moglie erano nuovamente separati per un breve periodo.
La sposa era assistita dalle ancelle nel vestirsi e in quel momento i suoi capelli erano intrecciati
o legati nella pettinatura riservata alle donne sposate.
Il simbolo scandinavo universale della moglie era ora anche quello di lei:
l’hustrulinet, un lungo pezzo di stoffa di lino bianca come la neve.
Potrebbero esserci state diverse varietà di questo copricapo.
Le ricostruzioni che lo mostrano in stile bandana, rigido, sono un equivoco.
L’hustrulinet avrebbe potuto essere appuntato su un filetto,
una fascia di stoffa tessuta con fili metallici di broccato che era legata intorno alla fronte.
Le prove archeologiche hanno mostrato esempi di un cappuccio o di un lungo berretto di seta,
e alcune tombe femminili sono state trovate con all’interno spilli lunghi da sei a otto pollici
lungo la testa in entrambe le tempie,
che potevano aver fissato un hustrulinet a forma di velo,
trecce arrotolate, o un filetto come precedentemente descritto.
Il copricapo era indossato come distintivo d’onore e come pegno del nuovo status
della donna come moglie, distinguendola nella sua famiglia dai servi e dalle concubine.
C’è qualche discussione sul fatto che l’usanza di indossare l’hustrulinet
potrebbe essere stata introdotta con il cristianesimo nel decimo secolo,
quando le scoperte di vari copricapo nelle tombe aumentano drasticamente.
Tuttavia è certo che gli archeologi hanno scoperto copricapo risalenti al IX secolo e forse prima, collocandoli nel periodo pagano vichingo.
Una volta vestita da donna sposata,
la nuova moglie era scortata nella sala per completare gli ultimi requisiti legali del matrimonio.
Il marito regala ora a sua moglie il dono del mattino,
a significare che il matrimonio è ormai completo,
e le consegna le chiavi delle varie serrature della sua casa,
a simboleggiare la sua nuova autorità di padrona.”
In Vikings, la celeberrima serie tv,
si vedono tutti i passaggi della cerimonia vichinga durante il matrimonio di Floki ed Helga.
Hai già visto lo sposo che recupera la spada dalla tomba del padre nel video precedente,
mentre in quello qui sotto puoi ammirare un paragone tra la cerimonia celebrata
con il rito vichingo e con quello cristiano medievale.
In quest’ultimo inoltre, puoi addirittura vedere un altro rito,
che oggi è considerato simbolico, ovvero quello delle candele.
che ho deciso di organizzare uno shooting fotografico.
Per questa occasione ho scritto e celebrato un Rito Nordico ispirato proprio
a quello di cui ti ho parlato in questo articolo.
Il successo è stato tale che con grande gioia ho deciso di proporlo come servizio.